Questo
post rappresenta il prosieguo di un altro testo
dallo stesso nome pubblicato circa un mese fa e disponibile qui. Ricordo
nuovamente che il post tratta la storia di alcuni connazionali vissuti in Cina
e in particolar modo a Shanghai, segnandone la storia. Il materiale è stato
raccolto in una mostra organizzata dal Consolato Generale d’Italia a Shanghai e
dall’Ufficio Informazione della Municipalità di Shanghai, a partire da un primo
progetto promosso nel 2012 dall’Istituto di Cultura Italiana a Shanghai. Il titolo
era “Dialogo di civiltà lungo la via della seta: italiani a Shanghai 1608-2010”
e la mostra è stata presentata al China Corporate United Pavillion all’Expo
Milano 2015.
Mario Paci e l’Orchestra
Municipale di Shanghai
Mario Paci, nato a Firenze nel 1878, fu pianista e direttore di
orchestra, avendo studiato pianoforte al conservatorio di Napoli e in seguito,
su suggerimento di Giacomo Puccini, direzione d’orchestra a quello di Milano.
Nel 1918 approdò a Shanghai durante un tour mondiale, città in cui rimase a
causa di un malessere che lo obbligò a essere ricoverato all’ospedale.
Alla sua storia è legata quella dell’Orchestra Municipale di
Shanghai, fondata nel 1879, una delle più antiche orchestre sinfoniche della
Cina e dell’Asia che raggruppava musicisti provenienti da svariate parti del
mondo. Dato che durante la prima guerra mondiale era andata scomparendo, nel
1919, il Consiglio Municipale di Shanghai affidò il ruolo di Direttore
d’orchestra a Mario Paci che accettò l’incarico e la rinominò Shanghai
Municipal Orchestra. Il maestro Paci si adoperò innanzitutto nell’ingaggio di
nuovi musicisti, poi nella scelta di nuove partiture da mettere in scena. Nel
novembre del 1919, dunque, iniziò la prima stagione sinfonica della nuova orchestra,
che durava da ottobre a maggio, con oltre trenta
concerti che proseguivano anche all’aperto durante la stagione estiva presso l'attuale
Zhongshan Park, un tempo chiamato Jessfield Park. Nel 1926, l'Orchestra
cominciò a registrare i primi concerti radiofonici ai quali fecero seguito dopo
qualche anno le prime registrazioni discografiche. Sempre a Paci dobbiamo anche
l’apertura dei concerti al pubblico cinese il quale inizialmente era escluso da
tali performance.
La
sua carriera e il suo lavoro continuarono anche durante l’occupazione
giapponese (iniziata nel 1931) nonostante l’orchestra cominciò a soffrire di
mancanza di fondi, carenza che Paci cercò di colmare attraverso concerti
pubblici e privati. Tuttavia, a causa degli avvenimenti storici e del sempre
più preponderante controllo giapponese, l’orchestra soffrì di un lento declino finché,
nel 1942, il maestro Paci si dimise dal ruolo di Direttore. In quell’occasione
fu organizzato un concerto d’addio organizzato presso il Lyceum Theatre tra
Maoming road e Changle road la domenica 31 maggio del 1942, con il maestro nel
doppio ruolo di direttore e pianista. Dopo la guerra, la posizione di Direttore
venne assunta da Arrigo Foà (1900-1981), primo violino per molti anni, che
rimase, con vari avvicendamenti e co-direzioni, fino al 1952.
La famiglia Chieri
Nel
1900 Virginio Chieri, all’epoca allievo ufficiale dell’esercito, s’imbarcò su
un piroscafo italiano in partenza per la Cina dove avrebbe partecipato, non
ufficialmente, all’esercito multi-nazionale che combatteva i boxer in Cina.
Finita la missione tornò in Italia ma con la Cina nel cuore, tanto da
impegnarsi per trovare infine un impiego nel settore delle Poste e Dogane in
Cina. Nel frattempo, a Livorno, conobbe una donna di nome Luisa, che divenne la
sua fidanzata nonostante la sua partenza e che, nel 1904 in assoluta
solitudine, s’imbarcò per Shanghai decisa a ritrovare il suo fidanzato e
accettare la sua proposta di matrimonio. Dopo diverse peripezie lo rintracciò,
si sposarono e iniziarono insieme la loro avventura cinese. Inizialmente e per
circa 10 anni si spostarono per buona parte della Cina continentale sul fiume
Yangzi allo scopo di fondare, implementare e sviluppare la rete postale cinese.
Nel 1910 approdarono infine a Shanghai dove rimasero fino alla fine della
seconda guerra mondiale. Ebbero quattro figli, Pericle, Laura, Matilde detta
“Mats” e Itala detta “Itsie”: nonostante le difficoltà di spostare una così
numerosa famiglia per la Cina di inizio novecento, arretrata, con sistemi di
trasporto e sanitari pressoché inesistenti, i figli crebbero fortunatamente
senza problemi, anzi beneficiando di tutto ciò che Shanghai all’epoca, ma anche
ai giorni nostri, può offrire. Crebbero dunque cosmopoliti e internazionali
nella Shanghai degli
anni Trenta diventando un punto di riferimento per la vita mondana, costellata di ricevimenti sulle navi
europee all’ancora a Shanghai, di amicizie con affascinanti ufficiali di marina
e con amici cinesi intelligenti, colti e raffinati. I
Chieri erano ad esempio intimi col sindaco di Shanghai Wu Techen, con T.V.
Song, ovvero il fratello più grande delle famose sorelle Song, ed erano assidui
frequentatori delle serate al Cathay Hotel (ora Peace Hotel). Furono spettatori dell’arrivo a Shanghai
del trasvolatore Arturo Ferrarin, il personaggio di cui si parla nel paragrafo
successivo, del soggiorno di Edda e Galeazzo Ciano. Furono insomma gli
inconsapevoli spettatori di una Shanghai che in quegli anni si aggiudicò il
nome di “Parigi d’Oriente”, la cui vitalità è forse paragonabile a quella di
oggi. Virginio, accanto alla sua attività lavorativa, ricoprì
incarichi onorari nell’associazionismo della comunità italiana: fu ad esempio presidente
del Circolo Italiano e membro della Lega Navale Italiana.
L’idillio della famiglia si
concluse bruscamente con l’8 settembre 1943, quando Virginio Chieri e la moglie
furono deportati in un campo di concentramento giapponese a Weisen, nel nord
della Cina, insieme ad altri componenti della colonia italiana shanghaiese,
dove rimasero per tre anni fino alla liberazione nel 1945. Di
ritorno a Shanghai, trovarono la loro casa e i loro beni distrutti dagli
occupanti giapponesi e dalla guerra civile che cominciava a imperversare in
Cina. Lasciarono quindi la loro amata Cina per tornare in Italia.
La
storia di questa famiglia è raccontata in un libro dal titolo “Pechino
Bassano del Grappa. Storia di una famiglia italiana in Cina nella prima metà
del ventesimo secolo”,
curato dalla figlia di Matilde, Marina Giusti del Giardino, che raccoglie tre
diari di viaggio e un album di fotografie del loro soggiorno e dei loro viaggi
in Cina.
Arturo Ferrarin
Arturo Ferrarin
(1895 –1941) fu tenente e pilota di volo acrobatico. Nel 1920 acquistò larga fama
mondiale con la prima trasvolata tra l’Europa e l’Asia a bordo di un velivolo S.V.A.9 in legno e tela della
Regia Aeronautica. L’impresa, chiamata Raid Roma-Tokyo, è per l’epoca storica, con
112 ore di volo e 18000 km in 31 tappe. Prendeva avvio da un’altra impresa
storica compiuta da uno dei personaggi italiani più famosi del secolo scorso,
Gabriele D’Annunzio, il quale per la prima volta aveva guidato una missione
che, con questi primi aerei biplani si era recato a Vienna compiendo un viaggio
di più di 100 km. D’Annunzio rinunciò a questa missione che venne dunque presa
in carico da Arturo Ferrarin e una squadra di 22 altri piloti e motoristi che
partirono da Roma il 14 febbraio 1920. Ferrarin arrivò in Cina dall’India e
dall’Indocina, facendo scalo a Canton, Fuzhou e infine Shanghai il 2 maggio
1920 atterrando all’ippodromo. Restò in città per una settimana, dove fu
accolto come “il nuovo Marco Polo” con diversi festeggiamenti e ricevimenti e
ripartì infine per Pechino con l’aereo pieno di fiori. Arrivarono a Tokyo il 31
maggio 1920.
Ad
Arturo Ferrarin sono dedicati diversi aeroporti tra cui quello di Thiene in
provincia di Vicenza, la sua città d’origine, e a mia insaputa anche un
aeroporto vicino al mio paese di origine, l’aeroporto di Venegono Inferiore
dell’Aermacchi, una nota società aeronautica che fornisce proprio l’aeronautica
militare.
Guglielmo
Marconi, inventore della radio
Guglielmo Marconi (1874 –
1937), l’inventore della radio premio Nobel nel 1909, proveniente da Nanchino
giunse a Shanghai, accompagnato dalla moglie, il 7 dicembre 1933 per restare
fino al 12 dello stesso mese. L’entusiasmo in città per l’arrivo del “padre
della radio” fu grande, certamente irrobustito dalla stampa cinese. A quel
tempo trecentomila shanghaiesi ascoltavano trasmissioni radiofoniche.
A ricevere Marconi alla
stazione ferroviaria andarono in tanti, fra cui il rettore dell’Università
Jiaotong Li Zhaohuan, che era stata la prima a istituire un corso di
radioelettricità. Qualche giorno più tardi, un impianto di emissioni radio fu
fondato da Marconi all’Università Jiaotong grazie a dei fondi pubblici. Il
giorno della visita all’Università Jiaotong
lo attendevano un migliaio di studenti con in testa il rettore insieme a
Cai Yuan Pei, rettore dell’Accademia Sinica delle Scienze. Nel discorso di
accoglienza il professor Li
Zhaohuan elogiò l’invenzione della radio paragonandola alla scoperta
dell’America. Il professor Cai Yuanpei esaltò invece l’utilità della radio
nella vita quotidiana, citò le “quattro invenzioni” (la polvere da sparo, la
stampa, la bussola, la carta) vanto della Cina e incoraggiò i giovani a
studiare con impegno per dare un contributo alla patria.
Marconi
fu anche invitato al Palazzo della Scienza ed alla
Radio Internazionale Zhenru, radio che doveva diventare la più grande della
Cina con impianti interamente prodotti dalla società di Marconi stesso. Il
suo viaggio a Shanghai fu un’ottima occasione dunque per pubblicizzare la sua
azienda dato che furono molti i giornali a pubblicare la notizia e la risonanza
del suo viaggio durò per alcuni mesi.
Svariati altri personaggi italiani
viaggiarono in Cina nel secolo scorso. Tra questi possiamo ricordare anche Alberto Moravia, scrittore e
giornalista italiano: fu in Cina per la prima volta nel 1937, alla vigilia
della Seconda guerra mondiale, e una seconda volta nel 1967, viaggio da cui
trasse il libro “La rivoluzione culturale in Cina”,
libro che elogiava parecchio la rivoluzione maoista e il suo progetto di
ingegneria sociale che mirava a creare un uomo nuovo abbattendo le differenze e
creando invece uniformità. Moravia era molto affascinato dalla civiltà cinese
che lui definiva “civiltà intatta”,
attirato da temi quali la popolazione, la tradizione o meglio il confucianesimo
e i monumenti storici.
In
Cina arrivarono anche diversi giornalisti italiani nel 1937: Luigi Barzini Jr. del Corriere della
Sera e Sandro Sandri de La Stampa di
Torino. Entrambi a Nanchino come inviati di guerra durante l’attacco giapponese
alla città, Sandri fu ucciso dagli aeroplani nipponici durante l’evacuazione.
Con
l’avvento della Repubblica Popolare Cinese, la Cina suscito’ un vivo interesse
negli intellettuali italiani. Nel 1956 arrivò una delegazione italiana di
scrittori e intellettuali tra i quali figurava anche Curzio Malaparte, scrittore,
giornalista e saggista. Venne pubblicata postuma nel 1964 l’opera “Io, in Russia e in Cina”.
Malaparte fu grande ammiratore del popolo cinese
(“La Cina e' l' unica civilita' che mi
affascina”) e lasciò in dono alla Repubblica Popolare di Mao Zedong la proprietà di Villa
Malaparte a Capri perché
ospitasse scrittori cinesi.
Nel
1966 venne a Shanghai Goffredo Parise, scrittore,
giornalista e saggista italiano, che ci ha lasciato in eredità il libro “Cara Cina”.
Nel libro, egli definisce i cinesi ”un popolo che possiede naturalmente quella
qualità che si può conquistare, e con grande spreco di energie, soltanto
storicamente. Questa qualità è lo stile", parlando di cucina e
calligrafia.
Infine,
ricordo velocemente anche Oriana Fallaci, scrittrice e giornalista che venne in
Cina nel 1980 e soggiornò sia a Pechino che Shanghai. Nel suo soggiorno nella
capitale realizzò una famosa intervista con Deng Xiaoping, pubblicata postuma insieme
ad altre interviste con i Grandi del Mondo nel libro “Intervista con il Potere”.
Questo
testo è stato utilizzato per registrare la puntata di Cineserie “Storia degli
italiani a Shanghai” al link http://www.spreaker.com/user/8356020/0087-cineserie-storia-degli-italiani-a-s
o
su http://radiomeyooo.com/.
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