La scorsa settimana mi sono ritrovata ad una cena con
italiani a Shanghai in cui si è arrivati, quasi immancabilmente, al solito discorso:
quando gli italiani fanno business, che sia prima o dopo la firma di un
contratto, la partecipazione di una o più prostitute sembra immancabile.
Tralasciando qualunque discorso di tipo morale che non ho voglia di
intraprendere perché questo post è fortunatamente dedicato ad altro, sono stata
molto contenta di sviluppare invece il tema di cui mi accingo a raccontare.
Vorrei tuttavia fare una premessa dovuta. Questo post nasce
dal lavoro della redazione di “Cineserie”, la mia rubrica sulla Cina in onda
ogni sabato su Radio Meyooo: un gruppo di
italiane (segnalo: DONNE) ha deciso a titolo assolutamente gratuito di aiutarmi
nella stesura dei testi e nel reperimento del materiale per la creazione della
rubrica. Non solamente sono io estremamente grata a queste persone per il loro
lavoro, ma voglio prenderle ad esempio per dimostrare ai connazionali a cena
con me che si possono fare dei progetti, si possono portare avanti delle idee e
trovare il modo di renderle realtà in maniera assolutamente pragmatica anche
senza ricorrere a uno dei mestieri più antichi del mondo. Dovreste forse
leggere questo post, meditare e chissà che possiate imparare qualcosa.
Tornando al tema principale, invece, il 10 giugno scorso è
stata inaugurata all’interno del Padiglione China Corporate United Pavilion all’Expo Milano 2015 una mostra
intitolata “Dialogo di civiltà lungo la via della seta: italiani a Shanghai
1608-2010” che racconta la storia di svariati personaggi italiani che hanno
contribuito allo sviluppo della Cina e in particolare hanno avuto un legame
molto stretto con la città di Shanghai, dove vivo attualmente. Le storie di
questi connazionali sono storie di successo, intraprendenza, passione e
strategia: si tratta di persone istruite, arrivate in Cina in periodi in cui
poco si sapeva di questo paese, in cui Internet non esisteva. Hanno con mente
aperta studiato questo paese, la sua storia e le sue tradizioni e hanno deciso
di mettere a disposizione la loro professionalità per creare qualcosa che
potesse favorire lo sviluppo di Shanghai e della Cina in generale. Come detto
in precedenza: chissà mai che gli italiani di cui sopra possano imparare
qualcosa.
La mostra nasce dalla collaborazione del Consolato Generale d’Italia
a Shanghai e l’Ufficio Informazione della Municipalità di Shanghai. Si tratta
della continuazione e completamento di un primo progetto promosso nel 2012 dall’Istituto
di Cultura Italiana a Shanghai che portò alla creazione e alla pubblicazione di
una mappa in grado di mettere in evidenza la presenza degli Italiani a
Shanghai: la città, suddivisa in concessioni, riporta appunto tutti i luoghi significativi
in cui vissero e lavorarono questi connazionali.
Tomba di Matteo Ricci a Pechino
Ma chi sono questi Italiani?
La prima presenza italiana a Shanghai
risale al 1600, al tempo della visita in Cina di Matteo Ricci durante la
dinastia Ming. Shanghai all’epoca era ancora un semplice villaggio di pescatori,
tuttavia proprio da questa città proveniva uno dei maggiori interlocutori di
Matteo Ricci: Xu Guangqi. Nato nel 1562 e originario di una famiglia
benestante di Shanghai, Xu Guangqi ricoprì la carica di Segretario del
Ministero dei Riti a Pechino. Egli viene ricordato come importante scienziato,
astronomo e matematico al quale vennero conferiti i titoli di “pioniere della scienza
cinese moderna” e “primo esperto degli scambi culturali tra Cina e Occidente”.
Grazie all’assidua frequentazione con Matteo Ricci e altri studiosi italiani,
Xu Guangqi imparò la lingua latina, traducendo in cinese importanti testi
scientifici.
Tra il 1606 e il 1607, Xu Guangqi e Matteo Ricci tradussero e pubblicarono i primi sei libri degli Elementi di Euclide. Si tratta della prima opera occidentale di argomento matematico tradotta in cinese, la pubblicazione con cui vennero introdotti in Cina i sistemi teorici fondamentali delle scienze occidentali moderne, ponendo le basi del loro sviluppo locale. Gli stessi caratteri cinesi scelti da Xu Guangqi per tradurre la parola geometria, in cinese "jihe", sono quelli utilizzati ancora oggi.
Un’altra importante creazione per cui
Xu Guangqi è ricordato ancora oggi è il calendario lunare
cinese. Influenzato dalla scienza occidentale nei suoi studi, si rese conto che
il calendario cinese basato sulla registrazione delle fasi lunari aveva
accumulato notevoli errori nel corso dei secoli e propose all’imperatore una
revisione. Nel 1629, all’età di settant’anni, venne incaricato
dell’elaborazione del nuovo calendario che, influenzato sia dalle scienze
occidentali sia dalla tradizione cinese, rappresenta una significativa sintesi
culturale tra Cina ed Occidente. Purtroppo egli non riuscì a vederne la finale
pubblicazione dato che morì prima. In realtà, la pubblicazione dell’attuale
calendario lunare cinese avvenne in epoca Qing: al momento della presentazione
della versione finale per opera dei seguaci di Xu Guangqi, la dinastia Ming
crollò e lo studio venne ripreso e infine pubblicato durante la dinastia
successiva.
Nel
1611, invece, Xu Guangqi insieme ad un altro italiano di nome Sabatino De Ursis, tradusse un’opera
sui meccanismi idraulici che fu pubblicata sotto il nome di “Macchine
idrauliche d’Occidente”. Viene infine ricordato per la compilazione di
un’enciclopedia delle scienze agrarie, il cui scopo era quello di combattere le carestie e migliorare la vita della
popolazione contadina.
Non solamente le sue opere, ma anche la
figura stessa di Xu Guangqi rappresenta un magnifico esempio di sintesi di Cina
e Occidente: pur utilizzando le scienze e la conoscenza occidentale moderna,
egli è stato in grado di applicarla al differente contesto cinese con grande
successo. Proprio per questo suo contributo, è considerato da molti studiosi il
primo ”italiano di Shanghai”, a dimostrazione del grande rispetto, della
gratitudine e dell’ammirazione che questo studioso enciclopedico ha suscitato. E’ inoltre considerato il maestro e il padre
delle relazioni tra l'Italia e Shanghai, città in cui, per onorare la sua memoria,
vi è un parco chiamato appunto Parco di Xu Guangqi che raccoglie la sua tomba e
una sua statua, accompagnata da quella di Matteo Ricci.
L’aneddoto
più interessante di questa storia, comunque, è che nel 2007, anno del 400o
anniversario della pubblicazione in cinese degli Elementi di Euclide, l’Istituto
Italiano di Cultura assieme all’Ufficio Culturale del distretto di Xuhui a
Shanghai, l’Università Fudan e l’Università Jiatong, decisero di celebrare
l’evento con una cerimonia molto peculiare. Fecero
in modo di fare incontrare i discendenti di Xu Guangqi, Matteo Ricci
e Sabatino de Ursis a Shanghai, ovvero Xu Chengxi, discendente da 13
generazioni di Xu Guangqi, Luigi Ricci, discendente della famiglia Ricci e
Paolo Sabbatini, affine di Sabatino de Ursis, allora Direttore dell’Istituto Italiano
di Cultura a Shanghai. I tre uomini parteciparono al seminario internazionale organizzato
per la commemorazione e, a sottolineare come la storia continui nella vita
delle persone, il loro incontro fu l’inizio di una serie da cui si ricavò un
libro intitolato “Un libro a sei Mani - Storie incrociate di Matteo Ricci, Xu
Guangqi e Sabatino de Ursis nelle parole di discendenti ed epigoni”.
Tornando
invece agli altri italiani a Shanghai, si ricorda che proprio grazie proprio al
supporto di Xu Guangqi, nel 1608 giunse a Shanghai il primo vero italiano, Lazzaro Cattaneo, un altro gesuita
esattamente come Matteo Ricci, che abitò a Shanghai sino al 1610 nell'odierno
quartiere di Xujiahui, per poi trasferirsi ad Hangzhou dove morì nel 1640. Egli
aiutò Xu Guangqi nella compilazione di un dizionario della lingua cinese che,
per la prima volta nella storia, annotò anche i toni. Tale lavoro nel campo
della traslitterazione dei suoni cinesi e della compilazione dei dizionari può
essere degnamente considerato precursore del moderno Pinyin, ovvero il sistema
che associa ai suoni cinesi delle lettere alfabetiche e ha permesso non solo l’inizio
dello studio linguistico vero e proprio della lingua cinese, ma anche
l’utilizzo di tutti i moderni sistemi di comunicazione come computer e telefoni
cellulari.
Gli italiani nella “Vecchia
Shanghai” degli anni ’20 e ‘30
Americo Enrico Lauro
Pioniere
dell’industria cinematografica a Shanghai, Americo
Enrico Lauro nacque a Napoli nel 1879 e intorno al 1900 arrivò a Shanghai
dove iniziò la sua attività nell’industria cinematografica. Già a partire dal
1905, si impegnò a proiettare nelle case da tè di Shanghai, che all’epoca
rappresentavano dei punti di ritrovo per stranieri e cinesi, alcuni
cortometraggi con scene riprese per le vie di Shanghai, allo scopo di
avvicinare i cinesi al cinema, invenzione a loro sconosciuta all’epoca, e alla
recitazione. Nel 1914 riuscì a collaborare con un gruppo di artisti cinesi di
teatro drammatico e girò un film con una trama sugli effetti negativi dell’uso
dell’oppio, il cui titolo in inglese è “The Course of Opium”. Si racconta che
egli incontrasse molte difficoltà nel filmare, tra cui il fatto che gli artisti
cinesi guardavano sempre l’obiettivo (non avendo ricevuto una formazione in
recitazione) e il fatto che all’epoca non c’erano attrici di teatro e quindi Lauro
si vide costretto ad usare attori maschi anche per i ruoli femminili.
Lauro
contribuì ai lavori per trasformare il Gran Teatro di Shanghai, all’epoca
chiamato in inglese “Teatro di Iside” in un cinema. Si trattava di un teatro
che sorgeva nella zona di Hongkou, tra Qiujiang road e North Sichuan road.
Grazie al lavoro di Lauro e dei suoi collaboratori cinesi da lui influenzati,
questo teatro di rappresentazioni tradizionali cinesi fu trasformato in cinema
ufficialmente nel maggio del 1917. Si racconta, tra l’altro, che proprio qui Lu Xun vide
l’ultimo film della sua vita.
Infine,
Lauro fondò una sua casa cinematografica a Shanghai, chiamata "VLO Film
Corporation (in inglese Lauro Film), azienda che vedeva la sua sede nel Palazzo
Guanglu tra Renji road (ora Chi road) e North Sichuan Road di cui si racconta
siano state girate diverse opere tra cui “Costumi e abitudini della Cina”, che
vinse un premio all’Esposizione di Roma, “La
dolce vita nel quartiere delle Legazioni” e “Il primo tram a
Shanghai”, opere purtroppo andate perdute. Lauro infatti rimase vedovo e senza
figli e morì a Shanghai nel 1937: di lui rimane soltanto una lapide con il suo
nome inciso nel cimitero per stranieri un tempo ubicato nel parco di Jing’an
Temple e ora ubicato invece nel Mausoleo di Soong Qingling.
Le
storie non finiscono qui: ce ne sono molte altre, altrettanto interessanti e
significative, ma saranno il tema di un altro post. Nel frattempo, godetevi la
puntata di Cineserie “Storia degli italiani a Shanghai” al link http://www.spreaker.com/user/8356020/0077-cineserie-storia-degli-italiania-sh
o su http://radiomeyooo.com/.
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