Spinta da qualche ascoltatore di Radio Meyooo, la prima radio italiana in
Cina, ho deciso di sviluppare un tema molto caro ai cinesi ma di cui tuttavia
avevo una conoscenza alquanto limitata. Ho così cominciato a fare studi e
ricerche sul tè, una vera e propria bevanda nazionale per i cinesi, non solo
perché è altamente consumato, ma anche e soprattutto per la grande coltivazione
che da secoli viene portata avanti e tramandata.
Partiamo dal nome: il termine tè deriva dal dialetto cinese della
provincia del Fujian che chiama la pianta del tè “tei”. Da questo suono è
derivato il nome del tè in molti paesi tra cui tutta l’Europa ma anche Malesia,
Bangladesh e Sri Lanka. In cinese mandarino, invece, il tè viene chiamato
“cha”, da cui è poi derivato il nome del tè in tutto il resto dell’Asia
orientale, centrale, del sud-est asiatico.
Ci sono tante varietà di tè, ma tutte derivano dalla stessa pianta,
chiamata in latino Camellia Sinensis, un arbusto legnoso dalle foglie acuminate
di colore verde che, allo stato selvatico, può raggiungere anche i cinque metri
ma che, per la coltivazione, viene invece mantenuto ad altezza d’uomo. La
coltivazione di questa pianta è diffusa principalmente in Cina, Bangladesh,
Giappone, India, Sri Lanka e Kenya. Per la preparazione del tè vengono
utilizzate soprattutto le foglie e i germogli e ciò che differenzia le varie
tipologie di tè è il trattamento di foglie e germogli, in particolare il grado
di ossidazione, detta anche fermentazione.
La leggenda vuole che l’imperatore contadino, il famoso Shennong di cui
si era parlato qui,
fosse solito bere acqua calda durante le sue sedute di preghiera e che un
giorno delle foglie di Camellia caddero nel suo bicchiere cambiando il colore
dell’acqua e rilasciando un aroma piacevole al palato, dando così inizio alla
cultura del tè. Dal punto di vista storico, invece, si hanno i primi resoconti
della presenza del tè nei primi secoli d.C. ed in particolare durante la
dinastia Tang (618-907 d.C.), quando un autore dell’epoca dal nome Lu Yu ci
scrisse un intero libro chiamato “Chajing”, ovvero “Classico del tè”.
Il Chajing è il primo e più antico libro in cui si parla del tè in
maniera completa. Lu Yu racconta che l’uso del tè come bevanda era molto
diffuso all’epoca e ne racconta come le piante venivano coltivate, le foglie
raccolte, vaporizzate, essiccate ed infine compresse in piccoli mattoncini che
addirittura venivano utilizzati come moneta di scambio per alcune transazioni.
Quando poi i portoghesi per primi arrivarono in Asia, vennero introdotti
all’uso di bere tè fino a quel momento sconosciuto in Europa. La prima
testimonianza della presenza del tè in Occidente è invece di un italiano, un
veneziano dal nome Giambattista Ramusio che scrisse il primo trattato
geografico della storia intitolato “Delle navigationi et viaggi”, raccogliendo
le testimonianze di grandi viaggiatori e geografi tra cui lo stesso Marco Polo.
La prima spedizione di tè dalla Cina all’Europa avvenne nel 1607 e, a partire
da quell’anno, il tè divenne una bevanda molto popolare in tutta Europa ed in
particolare in Gran Bretagna dove conobbe un vero e proprio boom a partire dal
1700. Il tè divenne uno dei beni di lusso importato dalla Cina verso la Gran
Bretagna, insieme a sete, porcellane e spezie, contribuendo ad aggravare lo
sbilancio economico che avrebbe poi portato alle due guerre dell’oppio in Cina.
Attualmente, invece, il tè è la bevanda industriale più consumata al
mondo, superando di gran lunga caffè, cioccolata, alcol e bevande varie messe
assieme. La Cina è il primo produttore di tè al mondo con 1.9 milioni di
tonnellate di tè prodotto, seguita dall’India con 1.2 milioni di tonnellate nel
2013. I cinesi rimangono anche i primi consumatori di tè al mondo, con 1.61
milioni di tonnellate di tè consumato nel 2013, in aumento del 9% rispetto
all’anno precedente (Fonte: FAO, World
Tea Production and Trade: Current and Future Development, disponibile a http://www.fao.org/3/a-i4480e.pdf).
Ma come faccio, quando mi reco ad un negozio di rivendita di tè, a
decidere quale tè acquistare?
Sono partita dalla base, ovvero una ricerca sulle varie tipologie di
tè. Come detto qualche paragrafo più sopra, le categorie di tè si differenziano
tra di loro in base alla lavorazione e attualmente, in Cina, si riconoscono 6
categorie: il tè verde (lvcha), il tè giallo (huangcha), il tè bianco (baicha),
il tè Oolong (qingcha o semplicemente Oolong), il tè rosso (hongcha), che è
quello che comunemente beviamo noi in Occidente e che chiamiamo tè nero, e il tè post fermentato (pu’er cha).
Il tè verde, giallo e bianco
sono tè non fermentati, ovvero in cui il processo di ossidazione non viene
iniziato. Sono sostanzialmente raccolti, essiccati e impacchettati. Le foglie
possono essere appiattite, vaporizzate e arrotolate per accentuarne la
fragranza, ma non devono essere ossidate. Il tè verde è il più semplice perché viene
direttamente essiccato senza nemmeno essere prima appassito. Si raccolgono
principalmente i germogli dalle piante in primavera, si mettono in ceste di
paglia larghe e piatte ad asciugare al sole e, una volta essiccato, viene
direttamente imbustato. E’ per esempio spettacolare recarsi ad Hangzhou e in generale
nel Zhejiang in primavera perché tutte le montagne coltivate a tè sono cosparse
di vecchine dal classico cappello a punta cinese intente a raccogliere i
neonati germogli dalle piante. Altrettanto bello è trovare sulla strada le
ceste per l’essiccatura del tè traboccanti di foglie, mentre un po’ meno
piacevole è sopportare il costante invito dei cinesi ad assaggiare il nuovo tè
nelle loro case, invito che poi si trasforma in un obbligo a comprare a caro
prezzo il loro prodotto. Ho risolto il problema godendomi lo spettacolo durante
un bel lungo di corsa partendo dall’Università di Hangzhou e risalendo di corsa
la montagna fino alla cima, ovviamente senza soldi!
Quello bianco invece viene fatto macerare leggermente prima di essere
essiccato e impacchettato, mentre quello giallo, molto raro, viene ottenuto
quando le foglie vengono vaporizzate, di solito in un panno, e essiccate poco
prima di appassire, una sorta di via di mezzo tra il tè verde e quello bianco. Queste
tre tipologie di tè non fermentati sono diffuse sulla gran parte del suolo
cinese ma in particolare nelle province di Zhejiang, Jiangsu, Fujian e Anhui.
La quarta tipologia di tè è il tè
Oolong, un tè semi-fermentato: le foglie vengono raccolte, fatte macerare
ed essiccate finché non cambiano colore e infine lasciate parzialmente ossidare
di solito tramite tostatura. Le foglie di tè appassite vengono inserite in una
macchina simile ad una betoniera che emana calore e tosta le foglie
permettendone un’ossidazione parziale. Le foglie vengono poi messe in un panno
e compresse in modo tale che si arriccino e prendano la classica forma “a
palla” del tè Oolong. Il tè Oolong viene prodotto principalmente nel Fujian, ad
Anxi e sulla montagna Wuyi.
Il tè nero, quello che siamo
soliti bere noi e che in Cina viene chiamato tè rosso, è un tè le cui foglie
vengono essiccate, arrotolate su stesse, essiccate di nuovo e infine macerate.
In questo processo, le foglie vengono sminuzzate naturalmente liberando degli enzimi
che ne inducono l’ossidazione. In seguito il tè viene macerato ad una
temperatura di 30 gradi per un periodo che va da mezz’ora a due ore e infine
essiccato nuovamente.
L’ultima tipologia di tè è il tè
post-fermentato, in cinese chiamato pu’er o semplicemente tè nero. Solamente
le foglie più tenere vengono raccolte e trattate molto dolcemente per evitare
qualsiasi tipo di rottura che ne provochi l’ossidazione. Poi le foglie vengono
fatte essiccare, possibilmente al sole o in posti ventilati con umidità bassa
per eliminare l’acqua delle foglie. Le foglie vengono poi arrostite in un wok
per fermarne la fermentazione, arrotolate e pressate ad assumere una forma
stretta e allungata e infine essiccate. A questo può essere venduto
direttamente come pu’er crudo, oppure la sua lavorazione può continuare per
raggiungere altri livelli di maturazione. Le foglie di tè essiccate vengono
cotte al vapore e girate proprio come per il compostaggio dell’uva da vino per
un periodo che varia dai 45 ai 60 giorni. Le foglie vengono infine pressate in
forme diverse e lasciate essiccare in luoghi bui e asciutti anche per anni per
essere infine vendute. Il tè Pu’er è tipico della zona dello Yunnan, la
provincia cinese al confine con il Myanmar, che porta il suo stesso nome.
Saper riconoscere questi sei tipi di tè e assaporarne i diversi gusti è
il primo passo, insomma, per muoversi nei bazar del tè cinesi, dove ceste
traboccanti di tè, fiori e foglie si mischiano a scaffali ripieni di barattoli
di latta coloratissimi e invitanti.
Nessun commento:
Posta un commento