Il 24 marzo 2016 il governo cinese ha annunciato che, a partire dall’8 aprile, tutti i beni
acquistati all’estero dai privati verrano sottoposti al sistema doganale dei
dazi previsto dalla legge cinese. In pratica, per qualunque prodotto acquistato
all’estero e portato in Cina, indipendetemente dal fatto che sia destinato ad
essere rivenduto oppure acquistato ad uso personale, si dovranno pagare sia
l’IVA che i dazi.
La legge è stata implementata per contrastare un mercato nero (o grigio
che dir si voglia) di merce che viene acquistata all’estero a prezzo inferiore
e rivenduta in Cina illegamente senza che i guadagni vengano tassati. Questo
processo è in Cina un’attività talmente diffusa da essersi meritata una serie
di nomi specifici: acquistare all’estero per poi portare in Cina si dice “haitao”
e colui che permette la messa in pratica di questa attività è chiamato
“daigou”.
Cos’è il mercato grigio
dell’haitao
L’ “haitao” (海涛, in cinese, dove “hai” significa mare e “tao”
grandi onde) è nato principalmente per tre motivi: il primo, è la preoccupazione dei
cittadini cinesi di non trovare prodotti sicuri nel proprio paese, specialmente
se si tratta di prodotti alimentari, ma anche in termini di contraffazione per
i prodotti di lusso; il secondo, sono le alte tasse di importazione su beni di
lusso e prodotti alimentari. Qui di seguito una tabella per i prodotti di
lusso:
Chi sono i daigou e cosa
fanno
La parola daigou (in cinese 代购 o 海外代购 “haiwai daigou”),
significa “comprare a favore di qualcuno”: si tratta di un canale commerciale
per cui una persona cinese acquista della merce all’estero (principalmente
articoli di lusso, ma anche prodotti alimentari) per un cliente situato in
Cina.
La maggior parte degli agenti
coinvolti pratica quest’attività part-time: si tratta per la maggior parte di
studenti cinesi che si trovano all’estero, ma anche impiegati di compagnie
aeree internazionali o semplici persone che fanno spesso trasferte all’estero. Gli
agenti comunicano con i loro clienti utilizzando i canali promozionali di Weibo
e Wechat. Gli acquisti di chi fa daigou provengono da boutique del lusso nelle
principali capitali della moda, come Parigi, Milano, Londra, New York, ma anche
Hong Kong, Tokyo e Seoul.
Secondo un sondaggio del 2015 su acquirenti
cinesi di prodotti di lusso online, il 35% si è servito di questo servizio del daigou per gli acquisti online, mentre
solo il 7% ha utilizzato direttamente il sito del brand. Secondo le statistiche di Bain & Co, azienda
di consulenza specializzata nel settore lusso e fashion, la Cina è il paese con
il più alto numero di acquisti di beni di lusso, rappresentando il 31% di tutto
il mercato mondiale. Sempre secondo Bain & Co, all’inizio del 2014 il
valore di questo business era aumentato di 3 miliardi di dollari rispetto all’anno
precedente e, nei 12 mesi del 2014, è aumentato, prendendo in riferimento
solamente i prodotti di lusso, da 55 a 75 miliardi di rmb, ovvero dagli 8
ai 12 milairdi di dollari.
Fare daigou non è così semplice come può sembrare.
Innanzitutto c’è molta competizione. Inoltre si tratta di un’attività molto
dispendiosa in termini di tempo, dato che bisgna comunicare con i clienti. Il daigou infatti si trova solitamente in
posti diversi dalla Cina e, data la differenza di orario, è costretto a
comunicare o la mattina presto o la sera tardi. Infine, si devono portare a
casa pacchi pesanti da soli, pregare svariate divinità per non essere beccati,
infine impacchettare la merce cercando di fare errori e contattare lo
spedizioniere. Insomma, si tratta di un’attività molto lunga e dispendiosa,
carica di forti emozioni e di stress.
In ogni caso, la paura
principale di molti di questi agenti è riuscire a evitare di essere scoperti
alla dogana. Per legge, qualunque tipo di merce a uso personale può essere
importata in Cina senza dover pagare tasse se il suo valore non supera i 5000
rmb (670 euro circa). Ovviamente gli agenti di daigou non dichiarano alla dogana il reale valore della merce che
stanno portando con sé e, fino a qualche tempo fa, succedeva di rado che
venissero scoperti, dati i controlli abbastanza superficiali operati dalla
dogana negli aeroporti. Da aprile, invece, i controlli sono diventati molto più
severi, direi quasi “a tappeto”, e chi viene scoperto deve pagare le tasse
sulla base del dazio previsto dalla legge cinese per il tipo di prodotto che
sta portando.
Attività di contrasto
Tra le strategie messe in atto, la più popolare è sicuramente l’abbassamento dei dazi in entrata per alcune tipologie di prodotto. Tra maggio e dicembre 2015, il Ministero delle Finanze cinese ha abbassato i dazi di importazione su 800 prodotti: le tasse sull’abbigliamento si sono abbassate da una media di 14-23% a una media di 7-10%; le tasse sulle calzature si sono ridotte dal 22-24% al 12%. Questo dovrebbe, secondo la mentalità comune, contribuire alla diminuzione dei prezzi dei prodotti in Cina. Tuttavia, non si tratta di un processo così immediato. Innanzitutto, i dazi rapprensetano solamente una delle tre differenti tassazioni sull’import: l’IVA e la tassa di consumo sono infatti rimaste invariate. Inoltre, i prezzi dei prodotti non sono determinati solo ed esclusivamente dalle tasse, ma anche dal mercato stesso, dai gusti dei consumatori e soprattutto dalla loro “disposizione a spendere”. Siccome i cinesi sono molto disposti, non tutte le aziende di lusso hanno abbassato i prezzi di conseguenza.
Il governo cinese ha quindi deciso di contrastare la pratica del daigou, non solo perché illecita, ma anche perché per acquisti fatti all’estero la Cina non ha entrate.
Attività di contrasto
Tra le strategie messe in atto, la più popolare è sicuramente l’abbassamento dei dazi in entrata per alcune tipologie di prodotto. Tra maggio e dicembre 2015, il Ministero delle Finanze cinese ha abbassato i dazi di importazione su 800 prodotti: le tasse sull’abbigliamento si sono abbassate da una media di 14-23% a una media di 7-10%; le tasse sulle calzature si sono ridotte dal 22-24% al 12%. Questo dovrebbe, secondo la mentalità comune, contribuire alla diminuzione dei prezzi dei prodotti in Cina. Tuttavia, non si tratta di un processo così immediato. Innanzitutto, i dazi rapprensetano solamente una delle tre differenti tassazioni sull’import: l’IVA e la tassa di consumo sono infatti rimaste invariate. Inoltre, i prezzi dei prodotti non sono determinati solo ed esclusivamente dalle tasse, ma anche dal mercato stesso, dai gusti dei consumatori e soprattutto dalla loro “disposizione a spendere”. Siccome i cinesi sono molto disposti, non tutte le aziende di lusso hanno abbassato i prezzi di conseguenza.
Il governo cinese ha quindi deciso di contrastare la pratica del daigou, non solo perché illecita, ma anche perché per acquisti fatti all’estero la Cina non ha entrate.
Un’altra strategia
riguarda invece le cosiddette zone
cross-border: dopo aver permesso ai consumatori di acquistare prodotti
attraverso determinati siti stranieri, i prodotti vengono poi convogliati in
queste zone di frontiera sottoposte al controllo della dogana cinese dove la
merce viene dichiarata e la dogana impone i dazi di importazione più bassi
rispetto a quelli normalmente utilizzati. Nel dicembre 2012 il Governo ha
lanciato il programma delle zone pilota a Shanghai, Chongqing, Hangzhou,
Zhengzhou, Guangzhou, Shenzhen. Compagnie di e-commerce cinesi possono comprare
merce dall’estero, tenerla nei magazzini in queste zone per poi vendere i prodotti
ai consumatori a prezzi più competitivi. La parola haitao è quindi ora
maggiormente riferita a questo tipo di transazioni che avviene in due modi
diversi:
- Il consumatore piazza un
ordine e l’e-tailer acquista il prodotto all’estero che arriva successivamente nella zona pilota;
- L’e-tailer prima acquista
i prodotti, poi li pubblicizza ai consumatori fanno i loro ordini.
Infine, come già annunciato,
si è arrivati all’aumento dei controlli
doganali negli aeroporti e per le spedizioni in generale. Alcuni studenti cinesi in Italia che nel
loro tempo libero si dedicano a quest’attività, riferiscono ad esempio che, se
fino a un anno fa, erano soliti inviare la merce in Cina attraverso dhl o poste
italiane dichiarando la merce come “articoli di seconda mano” senza mai avere
problemi di dogana, ultimamente invece la situazione è cambiata, è facile
essere scoperti, quindi la merce viene solitamente dirottata ad Hong Kong per
poi essere trasportata da “aiutanti” verso Guangzhou e da lì distribuita in
Cina.
Una collega, invece, si è disperata per ore dopo aver realizzato che la sua
borsa, comprata negli Stati Uniti e in viaggio verso la Cina quando la legge è
stata implementata, è finita nelle mani dei doganieri che le hanno chiesto di
pagare il 30% in più. Dopo aver contestato il colore (era sbagliato), ha
rispedito la merce al mittente chiedendo il colore prescelto e facendosi
firmare un documento in cui il mittente s’impegna a spedire la merce DDP,
ovvero si assume tutti i costi di spedizione incorsi prima dell’arrivo a
destinazione della merce. Devo dire che, lavorando in logistica, ha almeno
utilizzato la sua conoscenza circa le modalità di pagamento internazionale a
suo vantaggio. Vedremo come va a finire.
In generale, comunque, nella prima settimana d’implementazione della legge,
agli aeroporti è successo di tutto. Ai turisti di ritorno sono state chieste
tasse molto alte rispetto al valore della merce acquistata. Un manager di ritorno da un viaggio di lavoro aveva portato una borsa per la moglie,
un giocattolo per il figlio, cioccolatini per i colleghi rimasti in ufficio e
infine una bottiglia di whiskey per sé. La merce in tutto è stata stimata a più
di 5,000 rmb e gli è stato chiesto di pagare circa 3,000 rmb di tasse, ovvero
il 60% di tasse. Altri turisti di ritorno dal Giappone portavano invece tre o
quattro valigie piene di prodotti per amici, parenti e conoscenti che valevano
in tutto più di 100,000 rmb (più di 13,000 euro): gli è stato chiesto di pagare
50,000 rmb di tasse. Altri ancora, con le stesse modalità, sono stati accusati
di contrabbando e sono quindi costretti ad intraprendere un percorso legale.
A seguito di queste esperienze, una quantità cospicua di prodotti inclusi
cosmetici, gioielli, orologi, latte in polvere, è stata direttamente
abbandonata negli aeroporti, nonostante la dogana parlasse di “controlli di routine”: i soldi spesi sono comunque inferiori rispetto a quelli richiesti con i
nuovi controlli. Le foto sono ovviamente diventate un fenomeno virale su
internet tanto da occupare i discorsi dei nostri amici dagli occhi a mandorla
per giorni interi. Non sono ovviamente mancate le lamentele, la rabbia e il
consueto “mei banfa” (non si può fare nulla) finale: pagheranno le tasse o
smetteranno di comprare all’estero.
Alcuni hanno comunque espresso perplessità riguardo a questa nuova politica. Ad esempio, Alice Wong, presidente di ImagineX Group, azienda cinese di management e distribuzione per alcuni brand di lusso quali Ferragamo e Marc Jacobs, ritiene tuttavia che maggiori controlli non saranno in grado di abbattere totalmente questo mercato a meno che i prezzi dei beni di lusso in Cina non arrivino ad essere più competitivi di quelli all’estero e la selezione dei prodotti sia ampia tanto quanto quella che si trova all’estero.
Alcuni hanno comunque espresso perplessità riguardo a questa nuova politica. Ad esempio, Alice Wong, presidente di ImagineX Group, azienda cinese di management e distribuzione per alcuni brand di lusso quali Ferragamo e Marc Jacobs, ritiene tuttavia che maggiori controlli non saranno in grado di abbattere totalmente questo mercato a meno che i prezzi dei beni di lusso in Cina non arrivino ad essere più competitivi di quelli all’estero e la selezione dei prodotti sia ampia tanto quanto quella che si trova all’estero.
Questo post è stato utilizzato per realizzare la puntata "Gli acquisti segreti" su Radio Meyooo, disponibile per l'ascolto su http://www.spreaker.com/user/8356020/0125-cineserie-gli-acquisti-segreti, direttamente sul sito della radio o come Podcast su Ipodcast cercando Radio Meyooo.
https://wwwrefi12.blogspot.com/2016/01/2016-man-style.html?sc=1650276585840#c8204383499556279271
RispondiElimina