Il weekend del primo maggio, non avendo nulla di
meglio da fare per la festa dei lavoratori, ho pensato di andare a fare un
altro giro sulla grande muraglia, ma non dove vanno tutti, a Badaling o
Mutianyu, bensì dove la muraglia “finisce”, ovvero si getta nel mare. Ho
pensato così di dedicare un post alla muraglia cinese: una delle otto
meraviglie del mondo, l’icona penso più conosciuta della Cina.
La muraglia cinese, chiamata in cinese
“changcheng” o “wanli changcheng” (letteralmente lungo muro oppure muro lungo
10000 li, dove li è un’unità di misura pari a circa 500 metri), è una struttura
composta da una serie di mura erette in Cina a partire dai primi secoli
a.C. L’imperatore che unificò la Cina,
Qin Shi Huang, ordinò infatti la costruzione di un vero e proprio sistema di
difesa e controllo tra il 220 e il 206 a.c. per tre differenti motivi:
protezione e difesa della neonata Cina dalle popolazione barbare del nord;
imposizione dei dazi sulle merci che transitavano verso la Cina lungo la via
della seta; controllo di immigrazione ed emigrazione.
La grande muraglia vide quindi la luce come un
insieme di cinta murarie, bastioni e fortezze costruite principalmente di
mattoni, pietre, terra battuta, legno e altri materiali di recupero e venne
costruita quasi senza sosta fino al crollo della dinastia Ming (1644). Al trono
seguirono infatti i Qing, di origine mongola, proprio quelle popolazioni che le
altre dinastie avevano cercato di ostacolare con la muraglia. Arrivata al
trono, questa dinastia decise di interrompere la costruzione e la muraglia
cadde in disuso.
Quando si parla della grande muraglia, ci
riferisce solitamente agli 8,850 km di muro che vanno dal lago Lop nello Xinjiang fino a
Dandong, ultima città di
frontiera prima della Corea del Nord. Secondo altri
studi archeologici che tengono in considerazione ogni singolo pezzo di
mura, sembrerebbe invece che la muraglia misurare in totale 21,196 km. Non
bisogna infatti pensare alla muraglia come un singolo muro continuativo, bensì
come una serie di mura poste in punti strategici particolarmente pericolosi
intervallate anche da impedimenti naturali come fiumi, laghi e montagne
impenetrabili.
I primi resoconti storici che parlano della grande
muraglia risalgono al 483 d.c ed appartengono al più grande storico cinese
dell'antichità che è Sima Qian. Purtroppo si tratta di resoconti che parlano
solamente in modo marginale della muraglia e non della sua costruzione. Mancano
invece tutti i dettagli sul progetto, sui materiali, sulla logistica e sulla
manodopera.
Per questo tuttavia ci vengono in aiuto le
leggende. Si narra infatti che centinaia di migliaia di persone siano morte
durante la costruzione della muraglia, soprattutto durante il regno di Qin Shi
Huang. Tra i prescelti alla costruzione figuravano soldati, ribelli e semplici
contadini.
Una delle leggende più note che riguardano la
grande muraglia è quella di Meng Jiangnü. Si
narra che questa ragazza abbia salvato la vita di Fan Xiliang, uno dei
lavoratori forzati alla grande muraglia, di cui si sarebbe poi innamorata e con
cui si sarebbe sposata. Tuttavia Fan fu ritrovato e ripreso in ostaggio per la
costruzione. Dopo aver aspettato per tutta l’estate e l’autunno, venne
l'inverno e Fan non era ancora tornato. Decise dunque di preparare alcuni
vestiti invernali per il marito e portarli direttamente al cantiere dove
lavorava. Quando arrivò e non lo trovò, decise di chiedere informazioni e
apprese che Fan era morto e che i resti del suo corpo erano stati utilizzati
per costruire la muraglia stessa. La ragazza si mise dunque a piangere la
perdita dell'amato sulla muraglia per interi giorni e notti finché questa,
commossa e toccata dalle lacrime, non si sgretolò e rivelò il corpo di Fan che
ella poté prendere con sé. C'è anche un tempio dedicato a Meng Jiangnü proprio
nei pressi della parte di muraglia che sono andata a visitare.
Considerando tuttavia la mancanza di fonti
storiche, anche il percorso della grande muraglia è tuttora incerto: il tempo e
le intemperie hanno eroso parte della cinta ed è perciò difficile tracciare
precisamente la sua strada.
Come detto in precedenza, il muro costruito nei
primi secoli a.C. si estendeva appunto da lago Lop a Dandong. Tuttavia, la
muraglia da noi oggi visibile è per la maggior parte quella costruita dalla
dinastia Ming (1368–1644). A quel tempo, il punto più occidentale della muraglia
era il passo
Jiayu nel Gansu, posto
più a est rispetto al lago Lop. La muraglia del passo Jiayu è tuttora
visitabile e da lì prosegue nel Ningxia
e, arrivata in una città chiamata Xinzhou, nello Shanxi, si divide: una parte
prosegue lungo il confine meridionale dell'attuale Mongolia interna, mentre
un'altra parte prosegue sulle montagne in direzione sud-ovest per poi ricongiungersi
con l'altro pezzo a Sihaihe, nella periferia di Pechino. Da qui la muraglia
corre a nord intorno a Pechino, dove si trovano le più famose località per
visitarla: Badaling, Mutianyu, Simatai e Jinshanling. Verso est la muraglia si
suddivide ancora in due parti: quella che ho visitato io, la fine tradizionale nel
mare attraverso la porta Shanhai, ovvero quella che i cinesi chiamano “la prima
porta sotto il cielo” e la suggestiva immagine della muraglia che entra nel
mare, chiamata dai cinesi “testa del vecchio drago”; il pezzo che prosegue
nella piana chiamata Liaodong nella provincia del Liaoning che termina in una
località chiamata Hushan, nei pressi della cittadina di Dandong.
La porta Shanhai si trova in una cittadina chiamata
Qinhuangdao, che si trova a poco più di 300 km da Pechino nell’Hebei, la
provincia che circonda la provincia pechinese. La porta è in pratica una
fortezza di forma quadrata con torri/bastione ad ogni lato e uno al centro:
questa è la torre che i cinesi chiamano appunto “la prima porta sotto il cielo”,
come riporta anche l’iscrizione sulla stessa. Il cielo, per i cinesi, è una
sorta di divinità ultraterrena: tutto ciò che sta sotto il cielo è la Cina.
Dire che la porta Shanhai è la prima sotto il cielo significa ammettere che
quella è la porta in cui dal cielo si entra sulla terra, ovvero si entra in
Cina. La simbologia di questa porta diventa quindi importante nell’immaginario
cinese: questa è la porta più importante per difendere i propri confini, è il
primo passo per entrare nel territorio civilizzato cinese. La porta fu voluta e
costruita dai Ming, di etnia han, e proprio da questa porta entrarono i
mancesi, la popolazione di origine mongola che li scalzò dal trono. I barbari
mongoli entrarono dunque dalla porta Shanhai e marciarono fino a Pechino
conquistandola e dando vita alla dinastia Qing, l’ultima dinastia cinese.
Il sito di per sé non ha una grande valenza architettonica: era stato quasi interamente distrutto durante la rivoluzione culturale e ora è stato tutto rimesso a nuovo: porta, templi, torre della campana e del tamburo. A dimostrare che non tutto è nuovo e sgargiante, vi sono alcune vecchie case ormai fatiscenti abbandonate.
La muraglia cinese è così importante da aver
ispirato anche innumerevoli poesie, inni e proverbi. Tra questi meritano
sicuramente una postilla la citazione sulla muraglia più conosciuta non solo
dai cinesi stessi ma anche da tutti i sinologhi: 不到长城非好汉, ovvero “se non hai scalato la grande muraglia non sei un vero uomo”. Si
tratta di una frase di una poesia scritta da Mao Zedong in persona: il
significato è se non sai affrontare con successo le difficoltà (scalare la
muraglia è difficile), non sei un vero uomo. Essendoci stata già tre volte,
sono ufficialmente un vero uomo.
La seconda menzione è sicuramente l’inno cinese.
L’inno cinese recita: “Alzatevi! Il popolo non vuole essere schiavo, usiamo il
nostro sangue e la nostra carne per costruire la nuova muraglia!”. L’inno
cinese, scritto alla fine degli anni venti, si rivolgeva a una Cina allo
sfacelo, invasa dai giapponesi, in preda a diverse guerre intestine. In questo
contesto, costruire la nuova muraglia è ovviamente una metafora che designa
come il popolo cinese doveva lavorare unito per ottenere la libertà e
ricostruire il paese facendolo tornare grande, esattamente come la muraglia è
una grande opera.
A 4 km di distanza verso il mare si trova invece
la suggestiva scena della muraglia che entra nel mare a “laolongtou”, ovvero la
testa del vecchio drago. La muraglia si snoda dalla porta Shanhai in un
susseguirsi di mura e torrette finché l’ultimo pezzo di muro entra nel mare
giallo del golfo di Bohai.
Beidaihe
A una trentina di km di distanza, invece, sorge
una delle più belle località marittime cinesi che io abbia mai visto: Beidaihe,
una vecchia città di villeggiatura per gli stranieri che abitavano a Pechino e
Tianjin all’inizio del secolo scorso. La lunga spiaggia sabbiosa scorre per
chilometri lungo la costa, interrotta ogni tanto da alcuni scogli. Lì cinesi di
tutte le età campeggiano con tanto di tende, giocano a beach volley, mangiano
pesce fresco grigliato, si godono il sole riposando mentre i più intrepidi si
avventurano nell’acqua ancora fredda del mare giallo.
Il lungomare è largo e
ben tenuto, affollato di tantissimi turisti cinesi che camminano, pedalano
sulle biciclette a noleggio o pattinano sui roller blade. Diciamo che la calca
di cinesi spiega le mie 5 ore di macchina da Pechino a Beidaihe…in coda su un’autostrada
infinitamente trafficata. Tuttavia la cittadina è un’ottima variante alla
frenesia delle metropoli cinesi: l’acqua del mare è balneabile, a differenza
del resto del paese, il lungomare si presta piacevolmente a una tranquilla passeggiata
o corsa sotto il primo sole primaverile e il resto della cittadina è tutto da
scoprire.
Una serie di vie si inerpica sulla pineta che copre le colline e può
svelare innumerevoli ville di inizio secolo, un tempo appartenute alle famiglie
straniere che qui villeggiavano durante l’estate. Le ville sono ora state
ricostruite o ristrutturate e ora funzionano come hotel di livello mediocre:
decorazioni semplici e basiche, servizio cinese alquanto scadente. Diciamo che
si tratta di un’ottima località balneare se non siete troppo esigenti. Anche il
cibo è di basso livello: il pesce la fa ovviamente da padrone, ma bisogna
tenere presente che ai cinesi piacciono soprattutto molluschi e crostacei.
Quindi dimenticatevi merluzzi, branzini e spigole e abituatevi invece a
sgranocchiare conchiglie, gamberi e gamberetti, cetrioli di mare e ciò che i
cinesi chiamano “intestino di mare”, una sorta di verme rosa davvero simile a
un budello che io mi sono rifiutata di provare e di cui non conosco e non voglio conoscere le modalità di
preparazione.
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