venerdì 15 luglio 2016

Maiali in libertà

L’estate si avvicina, tutti abbiamo voglia di vacanze, anzi sogniamo le agognate vacanze, e lo stesso fanno i cinesi. L’industria del turismo è infatti in piena crescita, con vantaggi, svantaggi, problemi e grandi opportunità per tutti.


Premessa
La Cina è stata per lungo tempo un Paese economicamente “autosufficiente” e chiuso politicamente. Non solamente durante gli anni più duri del maoismo, ma anche durante l’era imperiale precedente: la Cina è sempre stata storicamente un paese isolato e poco interessato all’esplorazione, tanto che i primi contatti con l’Occidente si hanno durante il 19° secolo con le guerre dell’oppio.
La nuova apertura economica e la globalizzazione hanno tuttavia sradicato quest’atteggiamento e i cinesi si stanno pian piano aprendo alla scoperta del mondo, favorendo la crescita esponenziale dell’industria del turismo. Tra i fattori che hanno portato a questo cambiamento troviamo sicuramente l’innalzamento delle condizioni socio-economiche, in particolare del reddito disponibile in Cina, ma anche una serie di politiche governative in supporto alla promozione del turismo stesso. Il China National Tourism Administration (CNTA) è l’ente incaricato di seguire tutte le attività relative al turismo sia outbound (Cina verso altri paesi) che inbound (altri paesi verso Cina). A partire dal 1997, una serie di agevolazioni al turismo outbound sono state emesse, tra cui l’allentamento progressivo delle condizioni per uscire dal paese, ma anche agevolazioni nel rilascio delle licenze alle agenzie di viaggio che si occupano di turismo outbound e aumento dei giorni di ferie che i cittadini cinesi possono dedicare al turismo. Le tre grandi occasioni sono rappresentate dal capodanno cinese (tra gennaio e febbraio), la Festa della Repubblica (ottobre) e la festa dei lavoratori (maggio) alle quali si aggiungono una serie di festività sparpagliate durante l’anno in cui i cinesi godono ormai di almeno un giorno di vacanza intero.

Caratteristiche del turismo outbound cinese
Nel 2015, ci sono stati ben 120 milioni di turisti cinesi che sono andati all’estero, un aumento del 12% rispetto al 2014. Nel 2007, per meglio comprendere i dati, i turisti cinesi erano circa 40 milioni, il che rappresenta un aumento pari al 300%. Uno studio prevede che nel 2019 il numero dei turisti cinesi raggiungerà i 174 milioni.

Le 10 maggiori destinazioni del turismo cinese sono innanzitutto i paesi asiatici, sia per vicinanza geografica che culturale. Quindi, Giappone, Tailandia e Corea del Sud. Seguono Stati Uniti, Singapore, Australia, Russia, Indonesia e Nuova Zelanda. Il decimo paese è la Gran Bretagna, primo paese europeo per visite cinesi. I turisti cinesi sono anche i più spendaccioni: secondo le statistiche, nel 2014 i cinesi hanno speso 165 miliardi di dollari, mentre secondo i dati più recenti, nel 2015 dovrebbero aver speso quasi 200 miliardi di dollari. La fonte maggiore delle loro spese è ovviamente lo shopping, che ammonta al 57.76% del totale, seguito da alloggio, trasferimento e vitto.
L’Europa viene subito dopo i paesi asiatici come meta più richiesta. Data la lontananza, è la meta più ambita per i viaggi più lunghi, spesso con la combinazione di diversi paesi e città in un viaggio solo, vista anche la politica per i visti, abilitata solitamente per tutta l’area Schengen (attualmente hanno aderito 26 paesi europei). 

Per quanto riguarda le fasce di età, la Cina ha dei turisti particolarmente giovani: oltre il 56% dei turisti sono di età compresa tra i 36 e i 27 anni, il 26% tra i 36 e i 46 anni, l’11% più giovani di 27 anni e solamente il 6% è composto da persone dai 46 anni in su.

La modalità tuttora prevalente per i viaggi è rappresentata dai Tour Operator (agenzie di viaggio, agenzie turistiche, organizzazioni turistiche private, ecc.) che organizzano viaggi di gruppo più o meno lunghi dove si compra un pacchetto e il turista si dimentica di tutto il resto, ci pensa l’agenzia. Si tratta di persone appartenenti alle generazioni degli anni ‘50 e ’60, abbastanza ricchi e disposti a viaggiare nei più famosi posti in tutto il mondo nel più breve tempo possibile come dimostrazione del loro status symbol personale.

Dai viaggi organizzati ai viaggi “fai da te”
Le caratteristica tuttavia più interessante che si è manifestata di recente è la tendenza, soprattutto per i turisti più giovani, ad abbandonare i viaggi di gruppo, preferendo invece il viaggio “fai da te”. Diversi fattori portano a questo tipo di scelta: dall’interesse culturale al risparmio economico alla voglia di fare un’esperienza non convenzionale.

Partendo da esperienze pregresse quali precedenti viaggio di lavoro, oppure ottimi resoconti ricevuti dagli amici, o semplicemente interessi personali, i nuovi turisti cinesi, giovani, pianificano e comprano i loro viaggi in totale autonomia, ovviamente grazie all’aiuto di Internet. Costa meno e permette loro di vivere un’esperienza unica. Si accontentano di strutture ricettive non particolari, come gli ostelli e i B&B, ma non disdegnano nemmeno essere ospitati da amici o famiglie locali. Non sono solamente interessati allo shopping, ma amano anche interagire con la cultura locale, intrattenere relazioni con i residenti e provare i cibi del posto. Sono di conseguenza meno attratti dalle classiche destinazioni turistiche, ma sono disposti a spendere somme anche cospicue se l’attività proposta è nei loro interessi. Una parte cruciale è infine giocata dalla condivisione di esperienze: sia durante il viaggio sia una volta tornati a casa, è necessario pubblicare foto e impressioni sui social media più in voga, in particolare Wechat e Weibo. Si avvicinano insomma sempre di più ai loro coetanei stranieri. Una mia amica cinese tiene per esempio un blog su Wechat con le sue esperienze di viaggio: abituata a viaggiare 3 o 4 volte all’anno fuori dalla Cina, è una turista “fai da te”, prenota tutto su Internet in maniera autonoma e il motivo principale dei suoi viaggi è visitare qualche conoscente o esplorare mete tropicali, spesso attraverso il diving. Il suo blog racconta tutte le sue esperienze ed è corredato di foto, d’informazioni su come raggiungere un determinato luogo, cosa poter fare, i prezzi delle diverse attività e, naturalmente, una sessione interamente dedicati ai luoghi migliori dove assaporare le pietanze locali. 

Problemi e possibili soluzioni
Quando 120 milioni di cinesi si muovono in giro per il mondo, è naturale che questo spostamento crei dei problemi o dei disagi di varia natura. La maggiore parte dei turisti cinesi infatti rimane ancorata alla propria cultura tradizionale, soprattutto per chi è all’estero per la prima volta. Ma ciò di cui si fanno infelicemente portavoci sono i loro comportamenti maleducati e spesso irrispettosi. 

Di sicuro tutti ricordano, dato che ha avuto riscontro anche sulla stampa italiana e che addirittura Wikipedia presenta una pagina dedicata al fatto, il 15enne cinese di Nanchino che ha inciso un graffito su una piramide egizia a Luxor. Il giovane irriverente è stato scovato tramite il suo nome (aveva scritto “Ding Jinhao è stato qui”) dai netizen cinesi e la sua famiglia è stata costretta a scusarsi pubblicamente anche con l’Egitto. Si sono discolpati dicendo che non avevano mai pensato di riferire al ragazzo che fare graffiti ovunque è una cosa sbagliata (!!!). 

Celebre anche la scena della babysitter (Ayi) cinese che lascia fare i bisogni al suo piccolino di fianco al negozio di Burberry a Londra. Citare episodi simili può diventare lungo dato che accadono un po’ ovunque, da Hong Kong agli autogrill della Germania. Io personalmente ho assistito alla “pisciata” di un bambino di una decina d’anni, liberata da un ponte all’interno di un parco nazionale. Quando disgustata ho fatto notare che sulla mappa i bagni erano molti e tutti segnalati, mi è stato arrogantemente risposto che erano troppo lontani. 

Alle Maldive, i proprietari degli hotel erano addirittura stati costretti a ritirare i bollitori dalle stanze perché i cinesi, anziché andare a mangiare nei ristoranti del luogo, preferivano degustare ciotole di spaghetti istantanei (per chi si chiede cosa siano, si tratta di spaghetti disidratati aromatizzati vario modo che, una volta aggiunta dell’acqua, possono essere immediatamente mangiati).

In generale, come racconta molto bene una cinese di nome Echo Wang nel libro “Pig on the loose” (letteralmente “Maiali in libertà”), i cinesi offrono spesso l’immagine del turista rude, arrogante, maleducato, incivile, poco attento all’igiene e distruttivo: un maiale allo sbando, appunto. Soprattutto quando si muovono in gruppo, tendono a parlare a voce molto alta e a dedicarsi a variegate attività tra cui ruttare, sputare, liberarsi il naso a terra e fare flatulenze in pubblico. Sono soliti saltare le file agli aeroporti e creare grandi ingorghi agli sportelli: uno fa la coda e tutti gli altri lo raggiungono dopo. Nei ristoranti sporcano, masticano rumorosamente e spesso fumano, ignorando i divieti. Negli alberghi tengono la porta aperta per comunicare urlando da una stanza all’altra. Nei bagni non sempre sanno come usare le tazze perché abituati alle turche, sporcano in giro e non tirano l’acqua. Negli spazi pubblici non hanno nessun interesse a tenere pulito e ordinato, anzi abbandonano i loro rifiuti ovunque senza preoccuparsi di lasciare il luogo come l’hanno trovato. 

Benché tutte queste attività siano assolutamente consuete in Cina e non creino assolutamente nessun problema, lo stesso non si può per le altre nazioni. Non di rado i ristoranti e gli alberghi si rifiutano di ospitare cinesi per non perdere altri clienti, annoiati e infastiditi dai suddetti comportamenti.

Per contrastare la brutta immagine estera che i cinesi danno di sé, la CNTA ha redatto, nell’autunno 2013, una “Guida di comportamento civile all’estero”, composta di 64 pagine di regole anti-maleducazione. I consigli sono tra i più disparati, da non mettersi le dita del naso in pubblico, a non chiamare negri gli africani a non rubare il giubbotto di salvataggio sull’aereo. Ci sono anche regole dedicate ai costumi del luogo, come non regalare crisantemi in Francia e fazzoletti in Italia, o chiedere la carne di maiale nei paesi arabi.

Per questo come per tanti altri ambiti, la chiave di svolta è l’educazione. Come dice Echo, bisogna educare le persone al rispetto reciproco fin da bambini, stigmatizzando e punendo i comportamenti scorretti e oltraggiosi. Propone addirittura multe salate per i cinesi maleducati e un sistema a punti per le agenzie di viaggio che portano in vacanza i buzzurri: che possa funzionare?


Il testo di questo post è stato utilizzato per realizzare la puntata “Maiali in libertà”, disponibile sul sito di Radio Meyooo e come podcast su Ipodcast cercando “Radio Meyooo”. 

domenica 10 luglio 2016

Mai dire calcio

Dopo la clamorosa sconfitta di sabato scorso, non si poteva non dedicare una puntata al calcio in Cina: cosa pensano i cinesi del calcio, perché sono appassionati e per quale motivo sta suscitando così grande interesse da arrivare in Europa e comprare le società sportive.

Il mitico Zhang Jindong che prova a dire "Forza Inter"
Si ritiene che l’ossessione cinese per il calcio comincia il 15 giugno 2013, quando la nazionale cinese perde 5-1 con quella thailandese, peraltro nello stesso giorno in cui il presidente Xi Jinping, grande amante del calcio, festeggia il suo 60° compleanno. Sui social network appare un contributo molto apprezzato che dice: “Noi, 1.3 miliardi di cinesi, abbiamo perso con la Tailandia, 65 milioni di abitanti, un quarto militari, un quarto monaci, un quarto trans e solo il resto utile per il vivaio calcistico”. Nella stessa occasione, anche la stampa nazionale parla di vergogna e imbarazzo per una nazionale che nella classifica Fifa si trova all’81° posto.

Cosa stava succedendo? La debolezza calcistica stava amplificando sentimenti d’insicurezza e frustrazione del popolo cinese, conseguenze che il partito non si può assolutamente permettere ai fini dello sviluppo economico armonioso e soprattutto pacifico, senza contestazioni. Xi Jinping si trova quindi costretto a correre ai ripari, mettendo tra i punti cardine delle sue riforme “lo sviluppo del gioco del calcio”, allo scopo di trasformare la Cina in una potenza calcistica. Xi Jinping dichiara infatti di avere tre sogni: che la Cina si qualifichi per la Coppa del Mondo, che la possa ospitare e che un giorno la possa vincere.

Sogni particolarmente ambiziosi, dato che la Cina si è qualificata ai Mondiali solo una volta nel 2002 e in quell’occasione ha perso tre partite su tre senza riuscire a mettere in porta nemmeno un pallone. Vediamo le tappe con cui il sogno dovrebbe avverarsi.

La prima tappa è stata l’avvallamento dal punto di vista politico. Il 27 novembre 2014 vengono rese note politiche centrali che prevedono di rendere il football materia obbligatoria d’insegnamento nelle scuole nonché fonte di crediti formativi. Entro il 2017 almeno 20,000 scuole elementari e medie dovranno essere dotate d’impianti sportivi per formare 100,000 calciatori di livello. Nel marzo 2016, il Consiglio di Stato ha reso noto un piano per cui, nei prossimi cinque anni, si prevedono di aumentare le scuole calcio da 5,000 a 50,000.

La seconda tappa è stato creare attrattiva per gli investimenti e in questo, il Guangzhou Evergrande, squadra di calcio dell’omonima città, fa da apripista. Nel 2007, la squadra di Guangzhou viene acquistata dall’Evergrande Group, una delle più importanti compagnie immobiliari della Cina, che inizia ad investire nella società. Il Guangzhou è la prima squadra cinese ad acquistare non giocatori a fine carriera, come facevano tutte le altre, ma a comprare ottimi giocatori poco conosciuti al pubblico cinese ma funzionali al gioco della squadra. Nel 2011 arriva quindi Dario Conca, centrocampista brasiliano e miglior giocatore del campionato brasiliano; nel 2012 ingaggiano invece Marcello Lippi come allenatore, ma anche l’attaccante paraguaiano Lucas Barrios e l’attaccante brasiliano Elkeson. Nel 2014 arrivano Alessandro Diamanti e Alberto Gilardino. Dal 2011 al 2015, il Guangzhou vince sempre il campionato cinese (Chinese Super League) e, nel 2013 e nel 2015 vince anche l’AFC (Asian Football Confederation) Champions League. La strategia, insomma, sembra pagare.

Dalla vittoria del Guangzhou nella Champions League asiatica, investire nel calcio diventa il trend del momento. Con un investimento pari a 850 miliardi di euro per i prossimi 10 anni, il governo si è assicurato l’interesse delle più grandi aziende del paese, creando una solida organizzazione e accordi di sponsorizzazione redditizi. Secondo un articolo a mio avviso molto interessante, sempre grazie alla vittoria del Guangzhou alla Champions asiatica, il campionato cinese ha incassato circa 50 milioni di euro grazie a nuovi accordi di sponsorizzazione, mentre negli anni precedenti gli incassi dagli sponsor non avevano mai superato i 5 milioni di euro. I profitti, poi ridistribuiti tra le squadre delle varie serie (in Cina il campionato di “serie A” si chiama Chinese Super League, quello di “serie B” China League One), sono triplicati a partire dal 2014. Lo stesso articolo parla anche dell’aumento dell’interesse dei cinesi per il calcio nazionale: spettatori aumentati del 16% con Guangzhou Evergrande che ha registrato più di 45,000 spettatori a partita.

Al Guangzhou seguono quindi tutti gli altri investimenti. Nel gennaio 2015, Dalian Wanda, un gruppo immobiliare dai vari interessi (lo stesso che ha appena inaugurato un parco divertimenti in stile Disneyland a Nanchang e il cui capo, Wang Jianlin, è forse meno famoso del figlio, Wang Sicong, il “tuhao” che in una notte al KTV ha speso 2.5 milioni di rmb, pari a circa 330,000 euro), ha rilevato il 20% dell’Atletico Madrid. Lo scorso dicembre, invece, una cordata d’imprenditori cinesi tra cui figurano banche, società d’investimento e la China Media Capital (CMC) acquista il 13% delle quote del City Football Group, il gruppo che controlla la squadra del Manchester City e altre squadre minori. A febbraio 2016 sempre Wanda Group acquista Infront, ovvero la società che detiene i diritti TV di calcio e altri eventi sportivi in Italia. A maggio 2016, Tony Xia, magnate del gruppo cinese Recon il cui business spazia dall’energia pulita all’architettura, ha invece acquistato per intero l’Aston Villa, squadra di Birmingham. Finiamo col citare l’acquisto più famoso, almeno in Italia, dei cinesi, ovvero quello dell’Inter, avvenuto il mese scorso, da parte del gruppo Suning, già detentore della squadra cinese del Jiangsu Suning.

Secondo un recente articolo redatto da China Files per il Fatto Quotidiano, il calcio è sostanzialmente un altro mezzo per raggiungere quello che viene chiamato in cinese “Zhongguo meng”, letteralmente “il sogno cinese”. Il concetto è che, dopo più di un secolo di umiliazioni perpetrate dall’Occidente nei confronti della terra di mezzo (iniziate con le guerre dell’oppio e continuate con la rivolta dei Boxer, la perdita di alcune città cinesi come Hong Kong e l’invasione del paese da parte dei giapponesi), la Cina sta ora risorgendo a grande potenza nell’arena internazionale. Ovviamente, per gli imprenditori le ragioni degli investimenti sono ben altre, tuttavia l’approvazione “dall’alto”, l’idea che investire nello sport e nel calcio sia “glorioso” secondo i dettami del partito, sono tutti incentivi benauguranti.

Cosa ci guadagnano gli imprenditori multimiliardari cinesi? Sempre secondo lo stesso articolo di China Files, ci sono cinque fattori di guadagno. Innanzitutto, la benevolenza del partito per la loro volontà di contribuire a “elevare lo status internazionale del Paese”, sempre come cita lo stesso articolo di China Files. Poi, investire all’estero garantisce visibilità del proprio brand anche all’estero. Terzo fattore è la capacità degli imprenditori cinesi di “creare sistema” (lo dico per gli amici italiani delle istituzioni di Shanghai che tanto si divertono a usare questo termine: il sistema che creano i cinesi si basa sull’investimento, potreste prendere spunto…!) e assicurarsi, attraverso l’acquisizione delle squadre, una posizione privilegiata negli spazi pubblicitari su televisioni e media in generale. Il quarto fattore è che l’investimento è un modo legittimo di esportare capitali all'estero, in particolare in paesi in cui vige la certezza del diritto. Infine, l’acquisizione di competenze e know-how: esattamente come per i settori industriali, anche nel calcio i cinesi acquistano, osservano, imparano dai grandi per poi fare proprie le capacità e sfruttarle a loro vantaggio.

Per tutti coloro che vedono di buon occhio gli investimenti cinesi, è bene quindi “internazionalizzarsi” e cominciare a seguire anche il calcio cinese. Sappiate dunque che l’organo che gestisce il gioco del calcio in Cina si chiama Federazione calcistica della Repubblica Popolare Cinese. Il campionato si divide in tre livelli: il primo, chiamato “Chinese Super League” con 16 squadre tra cui figurano appunto il Guangzhou Evergrande, il Beijing Guoan (quest’anno allenato da Zaccheroni), l’Hangzhou Greentwon e il Jiangsu Suning; il secondo livello chiamato China League One e il terzo livello chiamato China League Two. Il campionato inizia tra febbraio e marzo di ogni anno e finisce tra novembre e dicembre. Le ultime due squadre della serie A vengono retrocesse e le prime due della serie B vengono promosse e lo stesso avviene tra serie B e serie C.

Quasi tutte le società professionistiche hanno il settore giovanile che parte dall’età dei 14 anni e alcune di queste hanno anche la scuola calcio, che parte invece fin dagli 8 anni di età. Ora, con i nuovi investimenti, stanno aumentando le scuole così come i campionati giovanili da cui attingere alle nuove stelle calcistiche.
A Pechino dal 2007 lavora un italiano di nome Francesco Abbonizio, allenatore prima in una scuola privata di calcio cinese e, successivamente, fondatore e allenatore della sua scuola calcio chiamata Beijing Kickers. Secondo un articolo sulla Stampa ad opera di Cecilia Attanasio Ghezzi, quando Abbonizio è arrivato a Pechino le scuole erano solamente tre o quattro, a fronte delle circa duecento del marzo 2016 in cui il 30% degli iscritti sono cinesi.

Ma il primato per la migliore scuola calcio al mondo è detenuto dalla  Evergrande Football School, la scuola calcio del Guangzhou situata a Qingyuan, a pochi chilometri da Guangzhou stessa. La scuola ospita 2.600 ragazzi dai 10 ai 17 anni, è dotata di 50 campi da calcio, una piscina olimpionica, campi da basket e da tennis, palestre, laboratori, dormitori e mense.
Interessante il commento di uno dei 24 mister stranieri ingaggiati per formare i ragazzi e i CT cinesi. Sembrerebbe che i ragazzi sono bravi, ascoltano e lavorano sodo ma mancano d’iniziativa, d’interesse al gioco di squadra, di pensiero alla tattica. Sarà un caso che il campioncino della scuola non sia un cinese han, ma un uiguro?


Il testo di questo post è stato utilizzato per realizzare la puntata “Mai dire calcio” per Radio Meyooo, disponibile all’ascolto direttamente sul sito o su Ipodcast cercando “Radio Meyooo”.