sabato 24 settembre 2016

In morte di Mozzate

Ho abbandonato questo blog per un po’ e me ne dispiace. Ho avuto parecchie faccende di cui occuparmi, tra cui lasciare un lavoro noioso e banale, andare in vacanza, decidere cosa voglio fare da grande e trovare un lavoro nuovo. Ho fatto tutto in meno di due mesi, tranquilli, il 5 settembre ero già al lavoro e il mio ultimo post data il 15 luglio. “Fast paced”, direbbero i miei amici americani di Shanghai.

Comunque questo nuovo lavoro ha previsto un mese di training in Italia e ora, eccomi qui, abitante del Bel Paese da quasi due mesi. Non capitava da quattro anni e meno male. Perché meno male? Ve lo spiego con un raccontino.


Venerdì sera, ore 20.45 circa, approdo nel mio paese natale di nome Mozzate dopo aver cambiato ben quattro treni da Altopascio (LU). Attraverso il paese per recarmi verso casa e mi accorgo di vivere in uno scenario da post-apocalisse: deserto! Ho incontrato in tutto quattro macchine dalla stazione a casa (e io abito a più di un km dalla stazione e sono passata per il centro), due passanti, cinque o sei nordafricani (non saprei di preciso di quale paese) unici animatori della piazza, nessun bar aperto, strade buie senza lampioni e solitudine.

Ora, non che questo paese sia mai stato particolarmente attraente né vitale, ma una morte così mi pare davvero eccessiva. La mia mente ha quindi cominciato a vagare: mi è tornato alla mente quando io volevo andare in Gran Bretagna a imparare l’inglese e la gente mi rispondeva “Ma dove vai così lontano da casa? Pensi che sia meglio? Guarda che tutto il mondo è paese”; oppure quando mi dibattevo, impuntavo e arrabbiavo dicendo che non avrei mai lavorato gratis, tanto meno facendo la pendolare a Milano (sono 35 minuti di treno “carro bestiame” al mattino, immancabilmente in ritardo); oppure quando, tornata in Italia quest’estate, cercavo di far capire ai miei coetanei perché avevo lasciato il mio banale e noioso lavoro precedente senza averne un altro in mano e, sempre con loro, mi indignavo delle misere offerte da morti di fame che le aziende della zona mi facevano. E immancabile come il ritardo dei treni mi veniva detto che questa era la situazione, dove pensavo di andare e cosa volevo ottenere, questo è quello che c’è e di questo mi dovevo accontentare.

Oggi ho deciso di rispondere. Innanzitutto, tutto il mondo non è paese: esistono stili di vita diversi, abitudini diverse e ambienti diversi. Inoltre, non è che ci si deve accontentare di quello che c’è anche se è sbagliato: se non va bene, lo si deve cambiare. Il problema è che per cambiarlo, bisogna avere le caratteristiche giuste. Bisogna lavorare tanto, essere competenti, aver studiato, avere ancora voglia di studiare e imparare, bisogna essere flessibili, bisogna pensare che si può sempre migliorare. Infine, forte di queste competenze, ci si butta, si osa, si dimostra di essere bravi, affidabili, di portare risultati e quindi si può pretendere di più.

Il problema quindi non è lo stallo dell’ambiente, ma le persone: sono le persone ad essere spente, incompetenti e poco intraprendenti e quindi automaticamente si accontentano perché non possono pretendere altrimenti. Non ne hanno il diritto. Il paese ne è la dimostrazione: Mozzate è un comune con 71 milioni di euro di debito e non mi stupisce che non vi siano i lampioni nelle strade. Ma le strade sono fatte anche di persone e di esercizi commerciali e, se anche questi si ritirano perché “tanto cosa vuoi fare?”, non mi stupisce nemmeno che regni il deserto. Quindi smettetela di incolpare le amministrazioni comunali (ovvero “l’altro” in opposizione al “voi”) e cominciate a pensare cosa fate voi per vivere bene. A giudicare dalla situazione, direi nulla: vi siete accontentati di tutto e sempre, dal lavoro, alle amicizie, al treno in ritardo, al buio per le strade.


Mentre arrivavo verso casa, ho fatto questa fotografia. Lo so, fa schifo, ma che volete, era buio e l’ho fatta con il telefono. In ogni caso, è un simbolo: la luce che vedete era casa mia, illuminata a giorno, con il buio totale intorno e io ne sono stata orgogliosa. Buon sabato!