Ho
abbandonato questo blog per un po’ e me ne dispiace. Ho avuto parecchie
faccende di cui occuparmi, tra cui lasciare un lavoro noioso e banale, andare
in vacanza, decidere cosa voglio fare da grande e trovare un lavoro nuovo. Ho
fatto tutto in meno di due mesi, tranquilli, il 5 settembre ero già al lavoro e
il mio ultimo post data il 15 luglio. “Fast paced”, direbbero i miei amici
americani di Shanghai.
Comunque
questo nuovo lavoro ha previsto un mese di training in Italia e ora, eccomi
qui, abitante del Bel Paese da quasi due mesi. Non capitava da quattro anni e
meno male. Perché meno male? Ve lo spiego con un raccontino.
Venerdì
sera, ore 20.45 circa, approdo nel mio paese natale di nome Mozzate dopo aver cambiato ben
quattro treni da Altopascio (LU). Attraverso il paese per recarmi verso casa e
mi accorgo di vivere in uno scenario da post-apocalisse: deserto! Ho incontrato
in tutto quattro macchine dalla stazione a casa (e io abito a più di un km
dalla stazione e sono passata per il centro), due passanti, cinque o sei
nordafricani (non saprei di preciso di quale paese) unici animatori della
piazza, nessun bar aperto, strade buie senza lampioni e solitudine.
Ora,
non che questo paese sia mai stato particolarmente attraente né vitale, ma una
morte così mi pare davvero eccessiva. La mia mente ha quindi cominciato a
vagare: mi è tornato alla mente quando io volevo andare in Gran Bretagna a
imparare l’inglese e la gente mi rispondeva “Ma dove vai così lontano da casa?
Pensi che sia meglio? Guarda che tutto il mondo è paese”; oppure quando mi
dibattevo, impuntavo e arrabbiavo dicendo che non avrei mai lavorato gratis,
tanto meno facendo la pendolare a Milano (sono 35 minuti di treno “carro
bestiame” al mattino, immancabilmente in ritardo); oppure quando, tornata in
Italia quest’estate, cercavo di far capire ai miei coetanei perché avevo
lasciato il mio banale e noioso lavoro precedente senza averne un altro in mano
e, sempre con loro, mi indignavo delle misere offerte da morti di fame che le
aziende della zona mi facevano. E immancabile come il ritardo dei treni mi
veniva detto che questa era la situazione, dove pensavo di andare e cosa volevo
ottenere, questo è quello che c’è e di questo mi dovevo accontentare.
Oggi
ho deciso di rispondere. Innanzitutto, tutto il mondo non è paese: esistono
stili di vita diversi, abitudini diverse e ambienti diversi. Inoltre, non è che
ci si deve accontentare di quello che c’è anche se è sbagliato: se non va bene,
lo si deve cambiare. Il problema è che per cambiarlo, bisogna avere le caratteristiche
giuste. Bisogna lavorare tanto, essere competenti, aver studiato, avere ancora voglia
di studiare e imparare, bisogna essere flessibili, bisogna pensare che si può
sempre migliorare. Infine, forte di queste competenze, ci si butta, si osa, si
dimostra di essere bravi, affidabili, di portare risultati e quindi si può
pretendere di più.
Il
problema quindi non è lo stallo dell’ambiente, ma le persone: sono le persone
ad essere spente, incompetenti e poco intraprendenti e quindi automaticamente
si accontentano perché non possono pretendere altrimenti. Non ne hanno il
diritto. Il paese ne è la dimostrazione: Mozzate è un comune con 71
milioni di euro di debito e non mi stupisce che non vi siano i lampioni
nelle strade. Ma le strade sono fatte anche di persone e di esercizi
commerciali e, se anche questi si ritirano perché “tanto cosa vuoi fare?”, non
mi stupisce nemmeno che regni il deserto. Quindi smettetela di incolpare le
amministrazioni comunali (ovvero “l’altro” in opposizione al “voi”) e
cominciate a pensare cosa fate voi per vivere bene. A giudicare dalla
situazione, direi nulla: vi siete accontentati di tutto e sempre, dal lavoro,
alle amicizie, al treno in ritardo, al buio per le strade.
Mentre
arrivavo verso casa, ho fatto questa fotografia. Lo so, fa schifo, ma che
volete, era buio e l’ho fatta con il telefono. In ogni caso, è un simbolo: la
luce che vedete era casa mia, illuminata a giorno, con il buio totale intorno e
io ne sono stata orgogliosa. Buon sabato!
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